Counseling

counseling

Il termine counseling deriva dall’etimologia latina “consulo” inteso come “avere cura di, venire in aiuto”. In termini generali il counseling psicologico si può definire come un intervento basato sulla relazione d’aiuto che s’instaura tra un professionista e un cliente il quale si trova in una situazione conflittuale o di difficoltà oppure presenta problemi di varia natura collegati alla propria crescita personale.

Per comprendere che cos’è il counseling, provate ad usare un po’ di fantasia ed immaginate di trovarvi in un momento difficile e incerto della vostra vita, un momento in cui le nubi sembrano addensarsi e coprire la luce, (un lutto, un insuccesso lavorativo, una crisi affettiva/sentimentale, un periodo di non-senso esistenziale…): vi sentite travolti da emozioni negative e non sembrano esserci vie d’uscita. Ebbene, è proprio in questi precisi momenti che vi è bisogno di un intervento di counseling.

Approfondimenti sul Counseling

Il counseling è quell’insieme di tecniche che soffiano come il vento sui problemi, spazzando le nubi dell’incertezza, consentendo alla persona di rivedere la direzione giusta da percorrere per risolvere le sue preoccupazioni. In un periodo come quello attuale in cui si parla tanto di radiazioni nucleari e di radioattività, il counseling è come quel vento che toglie ogni contaminazione andando a pulire e decontaminare le dimensioni della persona che agiscono in maniera “inquinata”.
Il professionista che padroneggia queste tecniche, si chiama counselor e il suo compito è di aiutare il suo cliente ad acquisire la sicurezza necessaria per affrontare una situazione delicata in un particolare ambito della sua esistenza.
L’attività di counseling si fonda fondamentalmente su un rapporto di tipo umano; lungi dal pensare ad una serie di chiacchierate al bar fra buoni amici. Esso parte da tecniche di osservazione e comunicazione che mirano a realizzare l’empowerment della persona. Per empowerment s’intende il rafforzamento e la valorizzazione delle risorse già presenti nell’individuo, la possibilità che egli ha, una volta riacquistata la fiducia nelle proprie capacità, di rivedere il suo problema e trovare da se stesso i mezzi migliori per superarlo.
Il counseling vuole offrire, dunque, al cliente un luogo ed una persona attraverso cui poter esplorare la propria vita, un setting in cui ritrovare le proprie risorse smarrite, aumentando la propria autostima e accrescendo la fiducia nelle proprie capacità.
La sotto-commissione del Counseling dell’European Association for Transactional Analysis (EATA) nel 1995 ha elaborato una definizione del counseling in analisi transazionale che dice così:

“Il counseling analitico transazionale è una attività professionale all’interno di una relazione contrattuale. Il processo di counseling permette ai clienti o ai sistemi di clienti di sviluppare consapevolezze, opzioni e capacità di gestione dei problemi e dello sviluppo personale nella vita quotidiana, attraverso l’accrescere dei propri punti di forze e risorse. L’obiettivo è quello di accrescere l’autonomia in relazione al proprio ambiente sociale, professionale e culturale. Il campo del counseling è scelto da quei professionisti che lavorano in ambiti sociopsicologici e culturali. Alcuni esempi tra gli altri sono: assistenza sociale, sanità, lavoro pastorale, prevenzione, mediazione, facilitazione di processo, lavoro multiculturale e attività umanitarie”.

Il counseling si differenzia dalla psicoterapia perchè si occupa prevalentemente del livello relazionale del problema del cliente con il quale si lavora nel “qui ed ora”. Il  terapeuta clinico invece invita il paziente a lavorare sui vissuti regressivi. Anche i tempi di cura si diversificano: se da una parte il counselor necessita al massimo di 10/15 sedute per lavorare su situazioni specifiche, il terapeuta ha bisogno di tempi molto più lunghi.
Sia per un clinico che per un counsellor, il cliente è prima di tutto una persona che è “disfunzionale” a più livelli: a livello sociale o psicologico; il contratto di lavoro sarà però differente; ognuna delle aree avrà quindi il suo focus e una sua propria metodologia.

Con queste definizioni del counseling possiamo capire l’alto valore sociale, preventivo e anche pedagogico di una simile tecnica. Il counseling sta trovando applicazione da vari decenni nei paesi anglosassoni e recentemente anche in Italia, negli ambienti più disparati, in tutte quelle situazioni sociali in cui possono presentarsi dimensioni problematiche.
Si pensi anche alle scuole di ogni ordine e grado, alle università, agli ambienti lavorativi, in campo sanitario, politico, sportivo, comunicativo ecc: in ognuno di questi ambienti l’intervento di counseling può trovare un ruolo significativo attraverso interventi specifici.
Nel nostro paese sta trovando un riconoscimento sempre più ampio, ma stenta ancora a decollare totalmente a causa di una legislazione che non ne riconosce ancora il valore professionale.
Anche se il cammino appare lento e faticoso, questa nuova professione si sta affermando già da un punto di vista culturale, a causa delle nuove esigenze della società che sempre più vedono nel counselor uno sbocco idoneo a situazioni che altrimenti non troverebbero giuste e sensate soluzioni

Counseling alla famiglia affidataria ed adottiva

Nell’ambito dell’affido e dell’adozioni di bambini e ragazzi il mio ruolo di counselor è quello mettermi al fianco della famiglia nella concreta gestione del progetto di accoglienza del minore.
Dopo dieci anni di esperienza nel campo dell’affido ho imparato che nel sostegno a questo tipo di famiglie è importante evidenziare quali siano i punti di forza della famiglia stessa in ordine ai bisogni del minore e agli obbiettivi dell’inserimento, aiutando ogni membro del nucleo familiare ad esprimere i dubbi e i timori che sempre accompagnano questa preziosa esperienza e che è più facile condividere con un operatore “vicino” piuttosto che “istituzionale” (servizio sociale).
Soprattutto nel campo dell’affido, il progetto del bambino/ragazzo può subire delle modifiche in itinere. Questa possibilità, che può verificarsi frequentemente, è un passaggio difficile per le famiglie affidatarie e costituisce un notevole affaticamento.
Anche nell’adozione si possono incontrare momenti di grossa difficoltà in cui i genitori adottivi e i figli naturali vengono messi duramente alla prova per dinamiche che vanno a destabilizzare tutto l’equilibrio della famiglia: mi riferisco non solo alla fase iniziale, ma anche a quei periodi in cui l’affidato/adottato fa trasparire tutto il suo mondo interiore portatore di una storia a volte difficile e sommersa. La presenza del counselor in questi precisi momenti ha la funzione di aiutare la coppia accogliente e l’intera famiglia ad essere sempre pronta a questa possibilità, preparando e costruendo un clima di maggiore elasticità e capacità adattiva.
Nel sostegno individuale all’affidatario e all’adottivo, come consulente cerco di cogliere le difficoltà e intervenire tempestivamente incoraggiando, sostenendo, approvando o correggendo.       La mia diventa un’offerta competente nell’ambito  pedagogico dove affronto, insieme alla famiglia accogliente, i problemi del minore accolto o dei figli naturali, elaborando strategie e strumenti adeguati.
Come professionista svolgo quindi una funzione di tutela degli equilibri della famiglia: stando fuori vedo dentro, cogliendo per tempo gli eventuali segnali di sofferenza e suggerendo interventi specifici in risposta alle particolari necessità.

Counseling ai genitori

Il passaggio dall’essere coppia al diventare genitori richiede certamente di affrontare un insieme di compiti quali la gestione degli spazi personali e di coppia, il rapporto con la famiglia d’origine, la ripartizione dei ruoli e dei compiti nella gestione del figlio, le regole e le norme da dare al bambino ecc… tutto questo può generare difficoltà nei genitori.
Se non affrontati adeguatamente, questi compiti possono generare tensioni e squilibri che mettono a dura prova le risorse a disposizione della coppia di genitori e innescare momenti di crisi e d’impasse sia a livello del singolo individuo, sia della famiglia nel suo complesso. A volte si possono creare situazioni tali da portare la famiglia a sfaldarsi o a perpetuare in una posizione di stallo.
In questi casi, insieme a tutti quei contesti specifici che toccano il rapporto genitori-figli nelle fasi evolutive principali del figlio (infanzia, adolescenza),  lo scopo del mio intervento di counseling ha l’obiettivo di aiutare la famiglia a trovare soluzioni adeguate per superare il momento di difficoltà.
Attraverso una serie di incontri in cui possono essere coinvolti sia i genitori che i figli, si possono costruire nuovi equilibri e nuove organizzazioni, si può facilitare la comunicazione tra i membri della famiglia, aumentando la conoscenza e la consapevolezza sul proprio funzionamento e potenziando e valorizzando le risorse presenti.

Counseling alla coppia

Applicato alla coppia il counseling psicologico mira a comprendere e a far comprendere le dinamiche relazionali ed emozionali che possono costituire degli ostacoli al normale svolgimento della vita coniugale.
Il counseling alla coppia si rivela utile in diverse situazioni problematiche in cui emerge un’insoddisfacente comunicabilità con conseguente conflittualità. A volte in presenza anche di figli questa conflittualità può essere estesa anche a tutta la famiglia o ad alcuni membri della stessa: difficoltà nel rapporto di coppia, tra ruolo genitoriale e coniugale, conflitti intergenerazionali e con la rete più estesa. (vedi anche counseling ai genitori)
Il counselor interviene anche in situazioni in cui la coppia e la famiglia desiderano essenzialmente migliorare le proprie relazioni familiari favorendo il potenziamento delle risorse per una più soddisfacente evoluzione affettiva e relazionale dei suoi membri.
Può essere utile inoltre nel caso di una genitorialità più complessa come nel caso dell’adozione o dell’affidamento (vedi counseling alla famiglia adottiva ed affidataria) o come intervento di sostegno emotivo alla coppia che affronta situazioni particolarmente difficili della vita quali la separazione dalla famiglia di origine e la formazione di una nuova coppia, la nascita dei figli, l’ospedalizzazione di un membro della famiglia, le separazioni forzate, l’invecchiamento e il distacco della coppia genitoriale per la morte di un coniuge o altre situazioni che possono in ogni modo generare l’insorgenza di stress a livello sia personale che familiare.

Che tipo di percorso?

Come per il counseling individuale anche per quello applicato alla coppia e alla famiglia lo strumento fondamentale su cui si basa l’intervento d’aiuto, è la relazione, intesa come fattore umano che, attraverso l’ascolto attivo e la comprensione empatica, facilita la comunicazione, la comprensione, l’autoconsapevolezza da parte del cliente.
La differenza sostanziale rispetto al lavoro con il singolo cliente è che tale relazione è più complessa in quanto deve tener conto di due o più individui contemporaneamente.
Come counselor so che devo relazionarmi empaticamente con ognuno dei componenti della famiglia ed accettare ciascuno nella propria unicità nel rispetto delle singole esperienze. In questo tipo di intervento è fondamentale riuscire a sostenere, ascoltare e “sentire” nello stesso modo ogni singolo membro della famiglia, dando la possibilità ad ognuno di esporre il proprio punto di vista senza sentirsi minacciato ed evitando l’errore di valutare e dare giudizi o essere di “parte”.
In questo tipo di lavoro, come per il counseling individuale, è necessario stare in un contesto contrattuale. Si tratta sicuramente di un contratto “a più mani che reca ad ognuno dei componenti della coppia e della famiglia un senso di protezione, di ascolto attivo e di crescita.

Counseling alla persona

L’obiettivo principale del mio lavoro di counselor è quello di instaurare un rapporto empatico e fondata sulla fiducia con la persona con la quale vengo in contatto professionalmente e di sviluppare quelle dimensioni relazionali ed emotive che sono rimaste insoddisfatte nel rapporto con le figure e le scelte importanti della sua esistenza.
Attraverso questa  “relazione di aiuto”, mi è possibile riportare l’equilibrio all’interno della persona sostenendola con disponibilità, dialogo, riconoscimento, incontro, mediazione, complementarità ed integrazione.
Se dovessi dare una definizione su che cosa significa per me sostenere una persona con il counseling mi verrebbe da pensare ad una forma di “personal training relazionale”, dove l’altro apprende in modo individuale come funziona il proprio sistema emozionale e diventa capace di gestirlo in modo adulto nei confronti delle persone che incontra e delle esperienze che vive nel quotidiano (lavoro, sport, tempo libero, volontariato…). Nella mia lunga esperienza di counselor ho imparato che nell’incontrare le persone devo soprattutto essere lì per l’altro, esserci davvero, con tutto me stesso, con tutta l’attenzione, l’empatia, la partecipazione di cui sono capace. Molto spesso mi vedo come una guida di montagna tra vette e abissi dell’animo umano per fare da catalizzatore e da ampliamento di punti di vista e di orizzonti.
Sono convinto che prima ancora di essere un rapporto professionale, il counseling è un rapporto umano. E’ un momento privilegiato di interazione in cui creo le condizioni per una comunicazione autentica, in cui il cliente si senta accolto, ascoltato, accettato, compreso. In un tipo di società dallo stile di vita sempre più frenetico, anonimo e automatizzato nelle relazioni interpersonali, diventa sempre più difficile per le persone crearsi situazioni in cui potersi aprire con un interlocutore senza doverne temere il giudizio, la considerazione superficiale, il disinteresse o addirittura il rifiuto.
Il tipo di lavoro che solitamente stipulo con il cliente è fondato su un contratto di relazione reciproco perché si vuole insieme arrivare a migliorare la qualità della vita e delle relazioni. Non vuole essere un contratto di cambiamento anche se molto spesso l’affrontare e sviluppare nuovi aspetti di sé porta il cliente stesso al raggiungimento di cambiamenti significativi nella propria vita. E’ un tipo di contratto che aiuta la persona a rimanere fermo nell’autolettura delle proprie dimensioni interne e relazionali con lo scopo di fornire al cliente un bagaglio di strumenti che possono sicuramente essere utilizzati anche successivamente.
Le tecniche del counseling che normalmente uso nei colloqui sono: interrogazione, specificazione, riformulazione, confronto e spiegazione il tutto all’interno del colloquio di consulenza e in una stanza privata.
All’inizio di ogni percorso di sostegno definisco alcune regole come il numero degli incontri e le finalità degli stessi. Per tutta la fase di counseling e per ogni singolo incontro lavoro con degli obiettivi precisi concordati con la persona che mi chiede un aiuto

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